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Trento, 27 ottobre 2010
Astensionismo record
ComunitÀ di valle, lezione da imparare

di Marco Boato
già Presidente dei Verdi del Trentino, e senatore al Parlamento nazionale

Sulle Comunità di valle si è detto e scritto tutto e il contrario di tutto. Una svolta epocale o una occasione mancata, una grande opportunità o inutili carrozzoni, una nuova classe dirigente o il riciclaggio delle terze e quarte file dei partiti, una sfida verso il futuro o una riverniciatura del passato, un momento di partecipazione democratica o un nuovo livello istituzionale della «casta», e via elencando.

Già questa così forte contraddittorietà di giudizi fa riflettere sulla scarsa chiarezza che ha contraddistinto questa nuova e inedita prova politica ed elettorale. Vorrei in proposito proporre qualche schematica riflessione, ormai «a bocce ferme», senza il timore di strumentalizzazioni elettorali.

La riforma istituzionale.

Non c’è dubbio che un livello intermedio di autonomia e di autogoverno, tra l’eccessiva frammentazione dei Comuni e l’altrettanto eccessivo centralismo provinciale, può costituire una occasione importante di decentramento politico-amministrativo e anche la possibilità di rilanciare il disegno di riequilibrio territoriale, che fu di Bruno Kessler (e dell’urbanista Giuseppe Samonà) verso la fine degli anni ’60, col primo Piano urbanistico provinciale, e che solo in minima parte era riuscito a realizzarsi nei Comprensori, privi di competenze proprie (ma dotati solo di deleghe da parte della Provincia) e di una legittimazione popolare diretta (bloccata dalle obiezioni costituzionali nei primi anni ’80). Tuttavia, non c’è neppure dubbio che la riforma istituzionale ha risentito di troppi compromessi politici e giuridici a livello di legislazione provinciale ed ha scontato l’errore di essere portata al primo voto popolare in una tornata elettorale diversa e autonoma rispetto a quella delle elezioni comunali della primavera scorsa.

L’astensionismo elettorale.

Credo sia un gravissimo errore sottovalutare il fenomeno dirompente dell’astensionismo di massa, che ha caratterizzato le elezioni del 24 ottobre e credo sia francamente risibile imputarne la responsabilità alle polemiche giornalistiche. Si possono condividere o meno le considerazioni critiche, che a più riprese sono comparse sugli organi di stampa. Ma è evidente che, anche quando possono essere sembrate eccessive o unilaterali, queste critiche riflettevano (e non producevano) perplessità e preoccupazioni che erano largamente diffuse tra larghi strati dell’opinione pubblica, compresi molti di quei cittadini che domenica si sono recati comunque responsabilmente alle urne.

Le responsabilità della Provincia.

Personalmente già da vari mesi, in tutte le riunioni della coalizione provinciale del centrosinistra autonomista, avevo chiesto in modo pressante (ma invano) che, ben prima della pausa estiva, fosse lanciata dalla Provincia una grande campagna di informazione sulle Comunità di valle, registrando fin da allora mancanza di conoscenza e di comunicazione nei confronti dei cittadini che in ottobre sarebbero stati chiamati al voto. Nulla, per mesi, è stato invece fatto, salvo inviare in prossimità del voto – ma ormai era già molto, troppo tardi – un opuscolo informativo, spesso nemmeno recapitato in tutte le case, e, da ultimo, una scarna lettera del Presidente Dellai a tutti gli elettori, che forse a quel punto, così tardivo, ha avuto addirittura un effetto controproducente. L’informazione istituzionale, per essere corretta e non suscitare sospetti, doveva essere fatta molto prima, e non a ridosso della scadenza elettorale.

Il ruolo dei partiti politici.

Sicuramente i partiti politici del centrosinistra autonomista, finalmente ricomposto dopo le dilacerazioni delle elezioni comunali che avevano provocato effetti a volte devastanti, nelle poche settimane di vera e propria campagna elettorale si sono tutti impegnati a cercare di informare i cittadini sul ruolo e i compiti delle Comunità di valle. Ma è stato un faticoso ruolo di «supplenza», perché responsabilità delle forze politiche avrebbe dovuto essere soprattutto quella di presentare i propri programmi e i propri candidati (cosa che pure è stata fatta, ovviamente). Se i candidati presidenti del centrosinistra autonomista e i rappresentati delle liste della coalizione hanno dovuto spendere tanto impegno soprattutto per informare sugli aspetti della riforma istituzionale, questo significava appunto che era mancata la precedente e doverosa informazione istituzionale, soprattutto su un ente nuovo e diverso rispetto ai precedenti Comprensori.

Il centrodestra e la Lega.

Hanno fatto il clamoroso errore di confondere la mancanza di comunicazione nei confronti dell’opinione pubblica, spesso disinformata e quindi disorientata, in una occasione di destabilizzazione politica e istituzionale, anzi di vera e propria delegittimazione aprioristica delle nascenti Comunità di valle, che pure erano state varate con leggi provinciali approvate a larga maggioranza. Tutto questo si è tramutato in un clamoroso «boomerang». «Chi semina vento, raccoglie tempesta», verrebbe da dire con un semplice aforisma popolare. La Lega è riuscita a  piantare le proprie bandierine in quasi tutte le Comunità di valle, ma senza riuscire a raccogliere quel voto di protesta che sperava di catalizzare. Il PdL è scomparso quasi dovunque dietro le liste civiche e, dove si è presentato col proprio simbolo, ha raccolto consensi minimi, perfino imbarazzanti per il principale partito di governo a livello nazionale.

I Verdi nelle Comunità.

Dopo essere stati penalizzati, dapprima da Dellai nella formazione della Giunta provinciale (e nel frattempo l’Udc non si è neppure presentato in queste elezioni, dopo aver ottenuto un seggio nella Giunta provinciale senza avere una propria lista) e successivamente nelle elezioni comunali di Rovereto e Mori (con ottimi risultati, ma esclusi dalla coalizione con un’arroganza incredibile), i Verdi si sono presentati in tre Comunità: Vallagarina, Alta Valsugana e Bersntol e, unitariamente con altri, nell’Alto Garda e Ledro. I risultati sono stati molto positivi, all’interno della coalizione del centrosinistra autonomista finalmente ricomposto, ottenendo percentuali superiori a quelle già positive delle precedenti comunali ed eleggendo Ruggero Pozzer in Vallagarina, Giorgio Marzari in Alta Valsugana e Alessandro de Guelmi nell’Alto Garda e Ledro.

Legittimazione formale e sostanziale.

Non essendoci ovviamente un «quorum» formale di validità per le elezioni (a differenza che per i referendum, per i quali andrebbe comunque abolito o ridotto), le Comunità nascono, nonostante l’astensionismo di massa, in modo pienamente legittimato sul piano formale.

Ora però si apre la sfida più ardua e impegnativa della loro legittimazione sostanziale. Quello che non è stato fatto adeguatamente prima deve essere fatto ora: il coinvolgimento, l’informazione, la partecipazione più ampia possibile dei cittadini, che abbiano o no votato il 24 ottobre. Mentre è semplicemente patetica la richiesta postuma della Lega di abolirle ed è imbarazzante il balbettío delle altre componenti del centrodestra, è assolutamente necessario che ora le Comunità, una volta insediati gli organi istituzionali e completata la composizione con i rappresentanti dei Comuni, sappiano conquistarsi sul campo la propria legittimazione sostanziale, in termini di autonomia, autogoverno, esercizio delle competenze e risorse proprie e partecipazione dei cittadini. Questa ora è la vera sfida del presente e del futuro, per sciogliere positivamente i giudizi contradditori che ne hanno accompagnato la difficile nascita. Ora o mai più.

Marco Boato
Già Presidente dei Verdi del Trentino, e senatore al Parlamento nazionale

 

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